Il Rinascimento del Subbuteo a Firenze

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Luca Pini

 

di Luca Pini

 

Firenze: la culla del Rinascimento, paese di bellezza, arte ed orgoglio. Concetti non estendibili e fini a se stessi? No. Tutti gli anni si mescolano tra loro anche nel nostro microcosmo fatto di lucidi e miniature perché a settembre, Firenze, diventa capitale del Rinascimento calciotavolistico quando, finite le vacanze e il caotico "calcio mercato" si dà inizio alla nuova stagione in riva all'Arno. La bellezza di ritrovarsi nuovamente intorno ai tavoli verdi, stringere le mani di sempre e condividere l'entusiasmo dei nuovi è impareggiabile almeno per chi, come noi, non ha mai abbandonato l'arte del calcio a punta di dito.
Arte, perché di questo si tratta. Un aggancio da lontanissimo, che passa nell'unico pertugio lasciato dalla difesa avversaria, è arte e il suono della miniatura quando abbraccia la pallina è suono dolce per noi.
Una difensiva sotto pressione che fa finire la traiettoria della miniatura a quattro decimi di millimetro dalla palla, è arte. Giustizia vorrebbe che quella miniatura potesse avere il dono della parola per sentirne l'esultanza.
I complimenti di chi ti ha battuto sul campo ma viene ad abbracciarti, è arte. E' l'arte della condivisione, di chi capisce la tua sofferenza e ne allevia la pesantezza con un complimento. Mai gratuito.
Fermarsi un attimo per vedere la palestra piena di volti, maglie colorate e scatoline è orgoglio. E' l'orgoglio dell'appartenenza. Il sentirsi un tutt'uno con un patchwork di emozioni, sguardi, sensazioni e vite vissute lontane anni luce dalla tua.
Segnare il gol che fa vincere la tua squadra è orgoglio. L'orgoglio del soldato che sa che può fallire ma è pronto a dare la vita pur di alzare quella bandiera.
E' l'orgoglio di essere parte di un meccanismo perfetto o perfettibile ma impareggiabile. Per noi, il nostro Torneo è tutto questo. Troppo? Forse, ma chi decide dove inizia e dove finisce il "troppo"? Non noi. Non metteremo mai confini, decidete voi. E se vi vedremo tornare, capiremo.
In mezzo a tanta bellezza abbiamo visto trionfare i cugini della vecchia Repubblica Marinara di Pisa supportati da generali grifoni, mescolanza di terra di mare e terre aspre bellissime. Hanno dovuto aver ragione di una corazzata che si è fatta largo con scudi e gladio: Fiamme Azzurre orgogliosi, come tradivano i loro sguardi alla fine della contesa. Per arrivare a questa finale entrambe hanno dovuto affrontare altre diciannove falangi, tutte partite con la stessa convinzione e fermezza, quella di uscire dal campo solo dopo aver dato tutto. E non importa se qualcuno non c'è riuscito. Nel fallimento e nell'errore sta la rinascita.
Dopo la notte succede una cosa strana: la palestra si ripopola ma si avverte subito che l'atmosfera è altro. Non ci sono più capannelli monocolore con un cicerone in mezzo a coordinare i movimenti della squadra; devi trovare il tuo spazio, il tuo angolo per raccontarti quello che dovrai fare. La domenica si è soli, non si ha il supporto dei compagni di squadra a riempire vuoti da te lasciati. Ce la devi fare da solo. Solitudine relativa perché sai che da qualche parte c'è qualcuno pronto a sostenere un cedimento. E' una simbiosi solo momentaneamente distante.
Credo che le cose non accadano a caso. Sono convinto che questa esistenza sia regolata da energie che ognuno di noi profonde intorno a sé. Voglio credere che quei due tavoli dove si svolgevano le finali, una tutta bianconera e l'altra tutta viola, sia il più bel messaggio che si potesse scrivere. Gli amici arrivano insieme al traguardo e in fondo, per una volta, anche il connubio viola/bianconero non stonava per nien

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